Stati
Sciamanici
di Pier Luigi Lattuada
n° 15 - 2007
Una nota stonata
Si dice che la cultura occidentale sia fondata sulla
ragione e lo si dice in tono definitivo, tanto da crederci.
La ragione è stata poi identificata con il pensare
ed il pensare, in quanto facoltà di mettere in
rapporto i concetti e le preposizioni, ha finito con
l’equivalere a giudizio, discernimento, logica.
Il tutto è stato messo al servizio di una morale,
quella giudaico-cristiana e confezionato come il prodotto
più sano ed elevato dell’attività
mentale.
Col tempo si è finito per dimenticare che il
termine ‘ragione’ deriva dal latino ratus,
participio passato di reri, che significava in origine
‘stabilire, fissare, contare’ e che il termine
‘razionalità’ deriva dal campo economico,
nel quale era stato introdotto per designare il comportamento
tipico di chi calcola i rischi e i vantaggi di una certa
azione per trarne il maggior profitto.
Col tempo si è spinti fino a considerare la razionalità
l’essenza stessa dell’uomo.
E nessuno pare stupirsi.
La nostra cultura, fondata sulla facoltà
di calcolare come trarre maggior profitto dalle nostre
azioni, crede in un Dio che ci esorta ad amarci gli
uni gli altri come fratelli.
Qualcosa stona: amore e tornaconto personale non vanno
d’accordo.
È esperienza di noi tutti che con la ragione
non si arriva all’amore, ma la cultura del primo
mondo, la “civiltà definitiva” persevera
nell’impresa improbabile della moglie ubriaca
e della botte piena.
Vuole tutto: anche il caffè, come direbbe Battiato.
Si erge a paladina dell’amore e si arrocca nella
cittadella fortificata della ragione, persegue la democrazia
attraverso la dittatura della ragione, predica la fratellanza
ma a patto che i fratelli diversi riconoscano il loro
errore e si ravvedano.
A proposito di radici…
C’è da chiedersi a quali radici appartengano
ad esempio il popolo degli shuar, che da quarantamila
anni ripetono: “il mondo è ciò che
sogni”; oppure i nativi americani, che ripetono
“mitakuye oyasin, cioè “siamo tutti
fratelli”, tanto per restare in occidente. Tralasciamo
l’oriente, perché sarebbe troppo facile
e andiamo in Africa, dove i sufi della Tunisia ricordano:
“il paradiso è negli occhi di chi lo guarda”;
oppure nella lontana Australia, dove gli aborigeni è
risaputo che ritengano (e sono in buona compagnia, si
pensi al maya dei buddisti, al nagual dei toltechi)
che la realtà ordinaria sia fasulla e la realtà
vera risieda nel tempo del sogno.
…e di intuizione
A noi piace chiamarlo ‘il versante scordato’:
quello della Dea, quello dionisiaco, quello dell’intuizione.
L’importanza attribuita nei secoli all’intuizione,
in quanto “conoscenza diretta, pronta e immediata
di una verità che si manifesta allo spirito senza
bisogno di ricorrere al ragionamento”, ne risalta
il valore irrinunciabile per qualsiasi sistema di conoscenza
che voglia fornire garanzie di validità.
Già Aristotele e Platone affermavano la possibilità
di percepire direttamente i principi primi mediante
l’intuizione. Plotino, Sant’Agostino ed
i mistici medievali indicano nell’intuizione “l’unica
via per l’uomo di entrare in contatto con Dio”.
Per San Tommaso ha carattere intuitivo la stessa Conoscenza
Divina, intesa come creatrice dei suoi stessi oggetti.
Nella filosofia moderna il concetto di intuizione viene
a coincidere con quello di evidenza, Cartesio definisce
l’intuizione la “percezione immediata di
alcuni singoli contenuti assolutamente certi”,
mentre Locke riconosce nell’intuizione “la
via privilegiata per percepire immediatamente e con
sicurezza la concordanza e la discordanza tra i diversi
contenuti”. Spinosa riconosce all’intuizione
la prerogativa di “rendere partecipe il soggetto
della natura dell’oggetto” affermando così
la superiorità della scienza intuitiva. Più
complesso è l’approccio di Kant, che distingue
tra un’intuizione sensibile intesa come la percezione
immediata dell’oggetto e un’intuizione intellettuale
propria di Dio, per la quale l’oggetto stesso
è creato. Con Hegel e la filosofia idealista
l’intuizione intellettuale diviene anche attributo
umano e si definisce come “il mezzo attraverso
il quale l’uomo coopera al processo di creazione
dell’oggetto”. Bergson a sua volta concepisce
l’intuizione come “forma privilegiata di
percezione che permette di superare gli schemi dell’intelletto
per giungere a una più vera comprensione dell’oggetto
in tutta la sua plasticità e dinamicità”;
allo stesso modo, Husserl considera l’intuizione
eidetica “l’unica via per cogliere l’essenza”.
Comunque la si concepisca, l’intuizione dispensa
la logica e il ragionamento analitico tipico della cosiddetta
mente duale. Essa sembra procedere da un piano
transpersonale, un livello che richiede, per essere
attinto, di varcare la soglia della fiducia, andare
oltre, lasciarsi completamente andare. La resa sarà
di volta in volta al divino, alle muse ispiratrici,
alle voci dal profondo, ai messaggi di ordine spirituale,
all’archetipo o al sesto senso, ma dovrà
comunque essere totale, senza riserve.
Sarà possibile cosi’ affacciarsi al piano
della Coscienza Unitiva, il piano nel quale si realizza
la piena fusione tra soggetto e oggetto, dove la trascendenza
diviene identificazione con l’Uno, con la sorgente
stessa di ogni forma di conoscenza. È il piano
della meditazione, della preghiera, dell’illuminazione,
il luogo del risveglio dove tutto è perfetto
così, dove si coglie il significato di ogni cosa
e la si riconosce essere esattamente al proprio posto.
Viaggio sciamanico
Come attingere quel piano di realtà? Chiedendosi
perché? Pensando?Analizzando il problema?
Forse. Anche con la forchetta si riesce a bere qualche
goccia d’acqua, altra cosa è usando il
bicchiere.
O meglio la coppa, il calice dell’alleanza. Prendete
e bevetene tutti, non senza sudore, lacrime e sangue,
non senza sacrificio, ma il Regno dei cieli è
alla portata di tutti coloro che vogliano guardare con
intento puro, lo sguardo del cuore, l’occhio unico
dell’intuizione.
Il viaggio sciamanico è uno strumento antico
di millenni che ancora si impone come viatico per “la
visione del sole”, l’uscita dalla caverna
platonica dell’illusione.
Un’esperienza
Il corpo disteso pesa, il respiro leggero fluisce, il
tamburo suona e ti guida, Ti dimentichi del corpo fisico
che resta qui fermo ad aspettare il tuo ritorno e tu
vai in volo, nessun legame, guardi tutto ciò
che dentro tiene e lascia, vola.
Sono nel nido, sento la paura di spiccare
il volo, sento la voce:
“Segui la tua via di falco, la tua via, il tuo
volo. Il volo è la tua natura, la paura è
solo il prezzo che hai dovuto pagare per la vita, ma
stai ancora sognando quel sogno, svegliati! Il prezzo
l’hai pagato, sei libero! Il prezzo l’hai
pagato,perché ancora sognare un sogno di colpa
e di timori? In quali cellule, in quale aggregato della
tua massa corporea si annidano i sogni dell’ombra
o sei alle prese con la vergogna, con il perfezionismo,
con la sfiducia. Qual è il sogno che vuoi sognare?
Ti ricordi? Enunciasti un sogno, lascia volare la tua
anima verso quel sogno.
Guarda pure le desolate distese dell’ombra, non
temere, guarda pure i deserti della disperazione, guarda
pure il terrore cieco o la rabbia funesta, guarda pure,
questo non impedisce alla tu anima di volare…
su questo pianeta sotto il tuo sguardo e in questo universo
c’è di tutto, dal terrore più cieco,
dall’odio più bieco, all’amore più
elevato. Cosa aspetti a volare? Che non ci sia più
traccia di ombra intorno a te? E allora aspetta seduto
perché aspetterai per molto tempo; e non temere
il contatto con il dolore, penserà il volo della
tua anima a liberarti quando ne entrerai in contatto;
e non temere il passato: esso costruisce il tuo futuro,
ma ne l’uno ne l’altro sono reali, è
adesso che puoi volare il tuo volo libero senza ‘se’,
senza ‘ma’. I ‘se’, i ‘ma’
sono solo un tentativo di pararti il culo! È
il tuo narcisismo che non vuole fallire, è il
tuo ego che ha paura di non farcela. Guarda le vette,
guarda le correnti, non si è mai visto un falco
pararsi il culo. Vola, lascia il soffio soffiare e l’alito
alitare, dispiega le ali!”
Sono un falco, mi vedo su di un albero
completamente secco. Mi chiedo: “come faccio,
devo spiccare il volo, devo fare un salto nel buio”.
Un attimo dopo sto volando mentre piango, ma subito
mi ritrovo appollaiato, questa volta sulla carcassa
di me che galleggia; sono un falco, attaccato a qualcosa
di morto che galleggia. Sento la voce: “è
inutile restare attaccati a qualcosa del passato”.
Riprendo a volare, volo molto basso, intorno a me c’è
molto buio, non è il volo libero che voglio fare,
allora lascio uscire la voce!
Sento una dilatazione dal centro, come qualcosa che
si amplifica all’interno, non c’è
più buio, non c’è niente sotto di
me. Sento una sensazione di libertà, di volo
continuo, costante. Mi trasformo in cigno, il collo
lungo, il volo costante, le grandi ali che vanno su
e giù e la testa ferma che guarda l’orizzonte;
un orizzonte rosè, un tramonto, molto bello.
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