La Visione Sottile


 
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LA VISIONE SOTTILE
Periodico di cultura transpersonale in Italia

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Alejandro Jodorowsky

Un'intervista di Pier Luigi Lattuada e Davide Carlo Ferraris
n° 9 - 2004

(Registrata a Parigi nell’ottobre 1999, in occasione del primo convegno-evento internazionale del movimento transpersonale in Italia “L’Eredità della Tribù”. Stati di coscienza nella metropoli di fine millennio”, Milano 1999)

La gente vi ha conosciuto inizialmente come il regista de “La montagna sacra”, “El topo”, ecc., oggi siete conosciuto come la persona che fa ‘psicomagia’. Qual è il processo che vi ha portato dalla regia alla psicomagia?

Al termine del film ‘La montagna sacra’, nel 1970, mentre lo schermo diventa bianco dico: “Tutto questo non è che un sogno (il cinema). La realtà ci attende”. Quindi dobbiamo uscire dalla virtualità dell’immagine cinematografica per andare a cercare nella vita qualche cosa. Era il 1970 e da lì ho cominciato ad utilizzare la mia esperienza artistica, come la danza espressionista, il mimo, la poesia, il romanzo, il disegno, la musica, il cinema, il teatro, eccetera, ho deciso di applicare quest’esperienza alla terapia. Come per dire: se l’arte non sarà qualcosa per guarire, non sarà comunque qualcosa semplicemente per fare soldi o esaltare l’ego nella celebrità. Ho quindi cominciato a studiare per arrivare a una terapia che non trova le sue radici nella scienza universitaria, bensì nell’arte per l’arte. Non si tratta però di arte-terapia: è un filo teso dall’arte per arrivare a qualcosa, non utilizzare l’arte per qualcosa e far parlare o danzare le persone come una terapia, non è questo.

Quali sono i concetti principali della psicomagia?

Tutto arriva per ‘necessità’, a partire dagli ultimi lavori di Jung sulla sincronicità: la realtà è come una danza, piena di piccoli miracoli che però non si vedono quando non si è pronti. Durante l’esilio ho abitato a Rio de Janeiro e lì ho avuto contatti con Castaneda e con Pachita, una sciamana che faceva delle operazioni chirurgiche coi coltelli e poi c’era anche un antiquario che aveva i più antichi esemplari di tarocchi esistenti e intendeva riportare quelli odierni alle immagini del 1400. Un mio vicino andava da uno di questi guaritori, normalmente chiamati ciarlatani e anch’io all’epoca non credevo assolutamente che fosse possibile effettuare guarigioni usando un semplice coltello, prendendo il fegato e tirandolo fuori, cambiando un cuore, aprendo il cervello, ecc. Sembrava qualcosa di ancora più feroce rispetto alle pratiche dei guaritori delle filippine, eppure ho incominciato ad assistere, ancora adesso non so perché.
Normalmente le vecchie sciamane femminili subito mi adottano e infatti Pachita ha cominciato a mostrarmi quello che faceva quando entrava in trance: diventava un uomo, aveva mutazioni di personalità, forse si trattava di schizofrenia ma per me ciò era irrilevante. Operava le persone. Il miracolo è che lei otteneva vere e proprie guarigioni e mi sono reso conto allora che la fede è la panacea, la migliore medicina. Le persone che credevano guarivano, anche da malattie gravi, mentre gli altri no e dunque mi sono detto: qui c’è qualcosa che guarisce, ma forse non si tratta solo di fede. Io stesso all’epoca mi sottoposi ad un’operazione molto dolorosa, mi aprì il fegato, mi tirò fuori tutto quanto, era spaventoso. Mi chiuse la ferita (sempre che lo fosse - o magari utilizzò un pollo, francamente non lo so) e il dolore passò. Sono arrivato alla conclusione che io non credevo, ma il mio corpo sì.
Attraverso il lavoro che io faccio nei tarocchi, mi sono reso conto che ci sono quattro lingue e quattro colori, quattro tipi di carte: coppe, spade, bastoni e denari e quindi quattro linguaggi. Il linguaggio della mente, del cuore, sessuale e corporale. Il corpo parla con il bisogno, il sesso con il desiderio, il cuore parla con il sentimento e lo spirito parla con dei segni. Se il linguaggio mentale non accetta il miracolo, il mio cuore e il mio corpo lo accettano; se si agisce sul corpo e sul cuore, si agisce realmente. Se io faccio un taglio sul mio corpo e sento il dolore, il corpo accetta la metafora ed è la metafora che guarisce.
Ho quindi iniziato a studiare che cos’è la metafora corporale e come produce sensazioni nel corpo che fanno in modo che tu possa curarlo. Dopo, rivedendo i miei studi di psicoanalisi, mi sono accorto che l’inconscio è un linguaggio, che parla con frasi e parole e poi ho capito che l’inconscio vuole atti. È un linguaggio differente, del sogno, delle immagini. Ho cominciato a studiare tutto questo, mi sono reso conto che potevo comunicare con l’incoscio e il primo pensiero è stato che l’inconscio accetta la metafora. Se io voglio contattare qualcuno, ma ho solo la fotografia della persona, l’inconscio accetta la metafora. Positiva o negativa che sia. La psicomagia lavora con la metafora. In un’azione non verbale, io comincio a studiare tutti i rituali della magia primitiva, perché la parola ha un’importanza capitale. L’atto metaforico conferisce una certa guarigione, più o meno. Potrei parlare dieci ore per spiegare questa questione.

Abbiamo avuto delle esperienze molto simili in Brasile: nel corso degli ultimi quindici anni ho conosciuto molti di questi guaritori e oggi ci sono sempre più persone, tra cui Stanislav Grof e Pierre Weil, che parlano questo linguaggio. Per me lo stato di trance, inteso come cambiamento dello stato di coscienza, è un dato fondamentale. Ho visto persone che entrano in trance per operare i pazienti e questi non sentono nulla, nessun dolore, se il guaritore è in trance. Cosa pensate riguardo alla questione del cambiamento di stato di coscienza?

Tutti questi studi sugli stati di coscienza sono molto importanti, ma il problema è che queste tecniche sono applicate a persone primitive, non agli occidentali che sono passati per i secoli dell’illuminismo e hanno sviluppato la razionalità. Ciò che può avvenire ad un uomo primitivo, un indio brasiliano o gli Huicholes messicani, non può accadere ad un occidentale, perché questi è già entrato nello spirito razionale. Ho visto molti europei assistere ai cerimoniali dei funghi allucinogeni, li prendono ed entrano in livelli molto alti di coscienza, ma presto tutti cominciano a ridere, non superano lo stadio dello stupore e del riso e questo non serve a niente. Che un guaritore mi guarisca è bene, ma questo non mi serve, perché anche se mi porta via un tumore, non cambia il mio spirito. Si verifica in effetti un miracolo, ma il lavoro profondo non avviene ed è solo il sintomo ad essere curato.
Ho studiato molte tradizioni sciamaniche, il Vodoo soprattutto; ho avuto contatti con persone che lo praticano o che studiano la possessione nel Vodoo o nell’umbanda del Brasile. Vado spesso in Messico, in particolare a Città del Messico dove ci sono sciamani molto curiosi, che non usano le piante per guarire bensì oggetti sorprendenti come il telefono portatile. Ne conoscevo uno che era giocatore di calcio e che guariva usando il proprio pallone, perché il calcio era ciò in cui credeva. Altri utilizzano i canarini. Altri ricevono istruzioni da entità invisibili che dialogano con loro. Ho studiato tutto questo perché cercavo di apprendere delle tecniche da poter applicare al cervello occidentale. È un cammino inverso rispetto a quello percorso dagli psicoanalisti, i quali sono scientifici, mentre bisogna riportare la mentalità razionale a quella sciamanica, bisogna considerare i valori sciamanici come se questi fossero la vera realtà. Io faccio il cammino inverso, prendo i valori sciamanici e li porto nel mondo razionale, credendo che la verità sia nel mondo razionale. Io introduco delle tecniche sciamaniche, ma togliendo le superstizioni, togliendo ogni utilizzo di droghe o di piante, le cose che ti mettono artificialmete in questo altro livello di coscienza. Io prendo la persona com’è, razionale, gli propongo dei modi che possono rompere il suo cerchio ripetitivo, tutte le ripetizioni della vita quotidiana e gli faccio fare cose che non farebbe mai, in senso metaforico. È un cammino diverso, per questo lo chiamo psicomagia. Io non credo che ci sia un Dio in me, non credo che ci siano altri livelli di realtà, non credo che ci sia un paese dove i morti sono vivi. Preferisco che una persona viva con le proprie parole, metaforicamente parlando; preferisco che entri nella sua metafora come altro livello coscienza o che entri in comunicazione con un Dio metaforico, ma in nessun modo voglio utilizzare la fede. La fede è qualcosa che non comprendo, che chiamo superstizione e con la quale non voglio lavorare.

Il Sé transpersonale, per esempio quello di cui parla la psicosintesi di Assagioli, attraverso l’estasi può entrare in un livello di coscienza dove si trovano tutte le qualità più elevate dell’uomo e dove può avere lintuizione per sapere qual è la giusta azione, la giusta via o la giusta cosa da fare per guarirsi con la mente estatica. Noi, per tornare al titolo del nostro convegno, crediamo che l’”eredità della tribù” consista nel recupero della mente estatica, che non è solo la mente primitiva dello sciamano, bensì anche la capacità di divenire l’altro, passare oltre dei limiti ed entrare in altri stati della coscienza dove il mondo si mostra pienamente.

Sono completamente d’accordo. Penso che ogni essere vivente è in estasi, non c’è molto da cercare per trovare l’estasi; penso che tutto sia una scelta e che anche la follia sia una scelta: ognuno sceglie la sua nevrosi, la sua malattia, il suo stato di coscienza. Facendo un piccolo sforzo si può arrivare a qualsiasi livello di coscienza, perché tutto è qua, è qualcosa che è dentro di noi. Se c’è Dio è qua, se non è qua non c’è; se c’è l’estasi è qua, se non è qua non c’è e lo stesso vale per il sé superiore e per il sé inferiore.
Io sono d’accordo con tutto ciò che si riferisce a un’altra forma di pensiero. Per quanto mi riguarda, non aspetto che un governo o un’università mi paghi per fare queste ricerche. Organizzo escursioni e vado a studiare quello che voglio studiare; non vado a fare vacanze in una spiaggia di lusso, ma vado incontro agli ultimi maestri femminili che sono nel mondo, anche a mille chilometri da Santiago del Cile.
Noi andiamo a vedere tutto ciò, senza però dire che questa è la verità! Ci sono delle tecniche che possiamo prendere per noi, per guarirci, ma non possiamo divenire ciò che abbiamo cessato di essere: il nostro cervello è evoluto e non può tornare indietro, mentre c’è un cammino ancora più grande che dobbiamo fare, meglio ancora degli sciamani.

Crediamo che, se c’è una speranza per l’umanità, possiamo trovarla in questo.

Sì, anch’io credo questo. È il nostro mondo razionale che si aprirà a ciò che tu chiami transpersonale o super-razionale. È questo che è interessante. Ho letto la vicenda di un villaggio degli Stati Uniti dove gli orsi hanno invaso la città in cerca di cibo: io dico non è vero che gli orsi hanno invaso la città, siamo noi che abbiamo invaso il terreno degli orsi e loro vengono a prendere quello che c’è. Noi abbiamo quasi totalmente occupato il pianeta, sottraendo il terreno agli animali e alle piante. L’invasione è molto forte, le piante e gli esseri umani sono in guerra, noi abbiamo fatto delle piante i nostri nemici. Io penso che le piante stiano cercando di riprendersi il pianeta e dato che non si può invadere… hanno invaso il sangue e stanno cercando di dominarci: la cocaina è una pianta, l’eroina è una pianta, l’alcol è una pianta, la marijuana è una pianta; tutte le droghe, i funghi, il caffè, il tabacco, lo zucchero, tutto entra nello spirito umano e ci invade. Le persone credono per esempio che l’hashish sia una meraviglia, ma dopo un po’ di anni di hashish si diventa stupidi. Timothy Leary diceva “io non prendo la marijuana perché mi rende stupido”, ma la divinità stessa della marijuana è stupida. Adesso è l’ayahuasca che va di moda: c’è un’astasi naturale nell’ayahuasca, è lei che ci darà tutto ciò. Ma dopo un po’ sarà la pianta che guadagnerà e renderà conto di te, così come il tabacco che ci invade. Arriverà invece un momento nel quale l’essere umano potrà dire di essere tornato a se stesso.
Un’altra cosa importante: lo sciamano può agire solo nel luogo dove abita. Non è vero che lo sciamano può viaggiare, perché prende il suo potere dal proprio luogo. Se noi vogliamo adottare tecniche sciamaniche, dobbiamo andare dove abita lo sciamano. L’uomo razionale non può andare nella foresta, vive nella città e gli sciamani delle città non sono quelli delle foreste e la stessa cosa vale per i loro oggetti di potere. Io sono nella città e invece di prendere queste piante, troverò i miei oggetti di potere qui, nel posto dove io sono. Saranno dei poteri molto diversi: i miei oggetti di potere sono i miei occhiali o il mio telefono cellulare. Allora, per esempio, a una persona che ha problemi con sua madre, io potrei mettere un telefono da una parte e una donna in un’altra stanza a parlare in questo telefono e intanto con lo stesso potrei farle un massaggio, mentre trasmette una voce femminile. Questo potrebbe essere il mio oggetto sciamanico. Potrei passarti i miei occhiali, perché attraverso quegli occhiali io vedo il mondo.

Ricordo un Dio dell’Amazonia che aveva al collo una chiave.

Sono stato con Don Tonio, uno sciamano Huichol, che toglieva le malattie soffiando e poi estraendo una pietra di un bellissimo colore blu chiaro. Gli abiti di quel gruppo etnico sono coloratissimi e lui, insieme alle vesti tradizionali, aveva una maglietta con un disegno di Walt Disney, Topolino, il grande sciamano! Ho pensato che quell’uomo fosse veramente autentico: aveva scelto il disegno per il colore e senza dare importanza a chi rappresentasse, ma nello stesso momento aveva fatto di questo personaggio del cinema americano un suo strumento di potere.

Non credete che ci sia una differenza tra le droghe usate in modo profano e le piante di potere usate in modo sacro?

La mia idea è questa: quando si fa un rituale con utilizzo di sostanze psicogene, questo lo si fa all’interno di una tribù e tutte le persone che appartengono alla tribù sono unite, per un ideale comune, per una vita comune e lo sciamano appartiene a loro, è come una loro proiezione. Ma se io non appartengo a questa tribù, lo sciamano è nefasto per me, non può essere la mia guida. Se qualcuno qui mi fa un rituale adesso, la persona che mi fa questo rituale chi è per me? Chi è per iniziarmi? Non mi può iniziare, perché non è stata gettata la mia essenza in questa tribù comune.
Negli anni settanta, quando ho fatto ‘La Montagna Sacra’, dovendo rappresentare il ruolo del guru nel film sono andato a cercare un guru che era molto famoso e alla moda negli Stati Uniti: Oscar, a New York. L’ho praticamente affittato: gli ho dato 17.000 dollari perché lui mi iniziasse, perché mi insegnasse cosa voleva dire essere un guru. Pensavo che mi avrebbe insegnato delle tecniche, invece lui mi ha fatto bere dell’LSD sciolto nel succo d’arancia, poi mi ha fatto fumare una sigaretta di marijuana e lì è incominciata la visione, ma la cosa costituì un immenso lutto per me, per quello che ho passato. Il guru che ha creato tutto questo aveva un ego enorme e l’ha utilizzato per farsi pubblicità, perché il mio film facesse pubblicità a lui e al suo gruppo, perché lui era convinto di essere l’incarnazione di Cristo, Lao Tze, Buddha. Mi cantò dei matra, ecc., ma fondamentalmente mi ha instupidito e fregato. È stato terribile. Dopo quella volta ho fatto maggiore attenzione e sono andato a cercare un altro guru, che faceva iniezioni di chetamina a quattrocento persone e suonava la musica di Wagner. Mi limitai ad osservare e vidi tutti entrare nel delirio infinito dell’inferno di Wagner.
Quando una persona si propone come un guru iniziatore attraverso dei riti, senza avere dentro di sé l’essenza del cammino di molte generazioni; questa persona sta esercitando un potere enorme, può essere pericoloso per gli altri e può commettere degli errori gravi e io ho visto alcuni risultati di questi errori.
Il più grande insegnamento di tutto questo è semplice: gli sciamani e l’estasi, gli sciamani e la guarigione.. è semplice, io sono mortale, questo è il segreto. Allora io accetto di morire e accetto che questo corpo sia divorato, che questo essere che parla non è niente e sparirà; io accetto l’annullamento totale, senza alcuna speranza, senza aldilà, senza tremila incarnazioni: tutto questo non esiste, e se esiste ci sarà e se non esiste non ci sarà. Bisogna lasciare tutte le speranze possibili e accettare la morte. Se accetta di morire, lo sciamano è vicino alla conoscenza. È la paura che ci fa andare invece in cerca di tutto questo, la paura della dissoluzione: le altre dimensioni, parlare con i morti, le altre vite, se ci sono ci saranno, altrimenti no e non ha senso contarci.

Tutte queste sono credenze, ma qual è il posto della spiritualità in questo?

Noi lottiamo generalmente contro la società, che ha seguito un cammino autodistruttivo. Quando viene da me una persona per guarire, cerco di farle capire che la malattia non esiste in quanto la persona stessa non esiste: si guarisce quando ci si rende conto di non essere niente! Lo so, è una verità assurda. Più si è malati, più si crede di ‘essere’; se vuoi guarire, ti devi invece rendere conto che non sei! Si è guariti, dunque non sì è nulla. Questa è una buona lezione. Un’altra cosa: la realtà è ciò che si pensa, è qualcosa che si muove come una massa di zucchero: se io penso che sia verticale diventa verticale, se penso che sia orizzontale diventa orizzontale. Non voglio che tu pensi che io sia nichilista e negativo, sono invece molto ottimista, ma quando si arriva alla conclusione che non si è niente, si apprezza tutto, è un piacere folle, questa è l’estasi! Tutto è una gioia, una meraviglia, ogni incontro è prezioso, tutto diviene un potere incredibile. Anche ogni ferita che si riceve è bella, ogni sconfitta, ogni ostacolo che induce un cambiamento d’azione, mentre ogni trionfo assume in definitiva un significato comico.
Ho fatto cinque anni di pratica zen con un maestro in Messico ed è stato veramente molto duro: pura meditazione e niente altro, senza statuette e dettagli di contorno in stile orientale. Ecco, là ho trovato delle cose molto interessanti.

Penso agli Indiani d’America che dicono “siamo tutti fratelli”. Credo che in questo ci sia una saggezza molto profonda, che deriva da una mentalità estatica tutt’altro che primitiva, capace di riconoscere l’unità di tutti gli esseri.

Sì è vero, siamo tutti fratelli, ma bisogna aggiungere che siamo diventati tutti nemici a causa di una civilizzazione che ci ha portato inesorabilmente all’inimicizia. Quello che bisogna fare è guarire questi fratelli, non possiamo dire ‘siamo tutti fratelli’, sono un amico, quando nello stesso tempo li sto uccidendo. Tu vai con una buona intenzione in Brasile, ti introduci in questi popoli, apprendi la meraviglia che essi sono e questo è buono. Ma nello stesso tempo gli altri stanno distruggendo le foreste e tutto il resto e tu stesso contribuisci a questa distruzione, perché porti questa cultura in Europa, gli dai un’importanza, inserisci questi popoli in circuiti turistici e il loro mistero viene rotto. Perché loro esistono nel mistero, vi sono nati ed esso gli appartiene; se noi andiamo a prendere questo tesoro e lo mostriamo, arriva il turismo e tutto finisce. Per esempio gli Huicholes, quando Don Tonio mi ha chiesto di portarlo in Francia per poter comprare un grosso camion e tutti i membri della tribù si sono messi a lavorare e così si sono resi conto dell’esistenza dei dollari: ecco arrivare la fine per gli Huicholes. Siamo ben intenzionati, eppure li utilizziamo ed ecco che nell’arco di due, tre anni tutto è finito, proprio perché andiamo a privarli del loro mistero.
Quando ero con Takata, il maestro zen, meditai per cinque giorni di fila, dormendo solo una ventina di minuti al giorno; mentre ero lì immobile e come morto, lui arriva e mi pone un koan (domanda zen): “non comincia, non finisce: che cos’è?”. Gli risposi: “Io, Dio, L’Unità Primaria… perché mi hai fatto questa domanda? Credi che io sia così stupido per domandarmi una cosa del genere…?” e cominciai ad arrabbiarmi. Allora lui ha suonato il gong, il che significava che non avevo dato la giusta risposta, e mi ha detto: “Intellettuale! Impara a morire!”. È stata la prima grande lezione della mia vita, aveva toccato il punto dove io fallivo: non volevo morire. Ecco il mistero dei misteri: l’intelletto doveva imparare a morire. Mi fece anche vedere l’ideogramma della ‘Felicità’, dicendo: “questa è l’essenza”. Felicità: siamo in uno stato di felicità totale, nella permanente impermanenza. Se si accetta l’impermanenza di se stessi, si raggiunge il Grande Sé. Quando accetti questo, accetti che io, tu, lui, tutti siamo fratelli, siamo parte di un’unica cosa, come una collana; siamo tutti nell’impermanenza e quindi tutto cambia con noi, in senso concreto e metafisico, perciò non ci resta che aiutarci e allearci a tutto ciò.

Qual è il posto della morale in tutto questo? C’è una morale universale?

Io penso che per guarire sia necessario non avere morale, occorra essere amorali. La morale è la malattia: tutte le malattie sono malattie della morale. La morale è religiosa, ma la religione adesso è superata. Voglio dire questa cosa: i più grandi ‘cretini metafisici’ di oggi sono il Dalai Lama e il Papa. Il Dalai Lama è un povero bambino torturato che dice di essersi reincarnato, ma io non credo alla reincarnazione in questo modo. E il Papa dice di essere infallibile; ebbene, non è vero. Questa non è la religione! Questi due personaggi danno delle indicazioni spaventose, come ad esempio di non usare il preservativo o non interrompere una gravidanza quando necessario, nonostante il problema mondiale della salute e della sovrapopolazione. È una morale superata. In ogni modo, in questa società assolutamente amorale e ipocrita, dove ogni guerra è un’ipocrisia, la patria non esiste più e le guerre patriottiche sono un’ipocrisia, quale morale collettiva conserva un significato? L’unica possibilità che ci resta è di scoprire dentro noi stessi la sorgente dell’essere umano e creare una morale individuale. Io sono agito da una morale, mi sono creato una morale. Sono trent’anni che tengo ogni settimana delle conferenze gratuite con i tarocchi e cerco con questo di aiutare il mondo: se il mondo mi dà, io cerco di non essere un parassita e di donare. Io sono assolutamente solidale con la mia famiglia, non sono un padre assente, se accetto la paternità allora la esecito con la mia presenza responsabile. Questo è morale: destinare me stesso ai miei figli e dargli l’opportunità di essere come essi sono e non come io voglio che essi siano. Un’altra morale è non rubare mai, perché se io rubo lo faccio a me stesso. Ancora: finire sempre ciò che si è cominciato. Potrei parlare un giorno della morale che io mi sono costruito. Me la sono costruita per sentirmi bene io stesso, per vivere meglio, per arrivare all’estasi quotidiana, al miracolo quotidiano.

C’è un altro tema: onorare la propria natura

Sì, ma non in modo narcisistico. Io sono una creazione della natura, come l’albero, il gatto, come ogni cosa. Una creazione misteriosa, anche se dovuta al caso, un caso meraviglioso. Quindi devo onorare me stesso, così come faccio con te e col cibo che mangio, senza narcisismo, come accettazione di questo miracolo infinito. Io sono un punto di coscienza che si rende conto dell’illusione del proprio sogno.
È interessante parlare di tutto ciò, è una gioia, questa è l’estasi! Però, dato che il pensiero è infinito, per ogni problema ci sono infinite soluzioni. Perciò, quello che dico è che con la mente non si arriva a niente, ma l’abbondanza di pensiero resta comunque un bene: più si pensa, meglio è, per una questione di abbondanza. Allora io penso molto, forse mi contraddico e allora? Io sono enorme e contengo la moltitudine. Può essere che ora dica qualcosa e che più tardi la stessa cosa io non la senta allo stesso modo. Per esempio, io gioco un po’ il ruolo di colui che non crede, ma solo perché tu credi molto e questo produce una dialettica creativa.
Noi cerchiamo di aiutare le persone a ritrovare se stesse e durante questo percorso ecco che scoprono qualcosa ed escono dalla tristezza della vita quotidiana, intesa come una cassa, una prigione soffocante. Perché l’infinito non è nel mentale, l’eternità non è nel cuore e senza di essi la vita si fa soffocante e questo conduce all’autodistruzione. Quando si entra nell’infinito, nell’eternità, tutto diviene invece una festa e si vive la vita come una mosca nell’aria, vecchie mosche che danzano e si divertono. Mentre parlo di tutto ciò, in questo momento, vedo fuori dalla finestra una gru con dentro un uomo che sta lì otto ore al giorno a spostare su e giù materiali per la costruzione. Il lavoro di quell’operaio è starsene tutto solo dentro una cassa otto ore al giorno, mese dopo mese, a soffrire nella solitudine più totale. Ebbene? Lui è là triste e prigioniero, ma meno male che io sono qui in questo momento, perché se entro in contatto con quella scatola di tristezza io divento la sua gioia, la sua possibilità di liberazione, altrimenti in quella cassa sarebbe un’inferno. Se la nostra coscienza non ci fosse, il mondo sarebbe un oscuro luogo di guerra. Il mondo è terribile, ma noi ci siamo, siamo il sale della terra, la coscienza. Finché ci sarà coscienza in noi, il mondo resterà ancora vivo. Noi siamo i testimoni, portiamo la luce con noi, come L’Eremita dei tarocchi. Noi portiamo la gioia di vivere, siamo la gioia del mondo, non siamo frivoli e superficiali, lavoriamo per gli altri. La gioia che io ho di parlare con te è per quell’uomo laggiù, affinché resista meglio alla propria prigionia proprio grazie alla nostra esistenza.

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