Alejandro
Jodorowsky
Un'intervista
di Pier Luigi Lattuada e Davide Carlo Ferraris
n° 9 - 2004
(Registrata
a Parigi nell’ottobre 1999, in occasione del primo
convegno-evento internazionale del movimento transpersonale
in Italia “L’Eredità della Tribù”.
Stati di coscienza nella metropoli di fine millennio”,
Milano 1999)
La gente vi ha conosciuto
inizialmente come il regista de “La montagna sacra”,
“El topo”, ecc., oggi siete conosciuto come
la persona che fa ‘psicomagia’. Qual è
il processo che vi ha portato dalla regia alla psicomagia?
Al termine del film ‘La
montagna sacra’, nel 1970, mentre lo schermo diventa
bianco dico: “Tutto questo non è che un
sogno (il cinema). La realtà ci attende”.
Quindi dobbiamo uscire dalla virtualità dell’immagine
cinematografica per andare a cercare nella vita qualche
cosa. Era il 1970 e da lì ho cominciato ad utilizzare
la mia esperienza artistica, come la danza espressionista,
il mimo, la poesia, il romanzo, il disegno, la musica,
il cinema, il teatro, eccetera, ho deciso di applicare
quest’esperienza alla terapia. Come per dire:
se l’arte non sarà qualcosa per guarire,
non sarà comunque qualcosa semplicemente per
fare soldi o esaltare l’ego nella celebrità.
Ho quindi cominciato a studiare per arrivare a una terapia
che non trova le sue radici nella scienza universitaria,
bensì nell’arte per l’arte. Non si
tratta però di arte-terapia: è un filo
teso dall’arte per arrivare a qualcosa, non utilizzare
l’arte per qualcosa e far parlare o danzare le
persone come una terapia, non è questo.
Quali sono i concetti
principali della psicomagia?
Tutto arriva per ‘necessità’,
a partire dagli ultimi lavori di Jung sulla sincronicità:
la realtà è come una danza, piena di piccoli
miracoli che però non si vedono quando non si
è pronti. Durante l’esilio ho abitato a
Rio de Janeiro e lì ho avuto contatti con Castaneda
e con Pachita, una sciamana che faceva delle operazioni
chirurgiche coi coltelli e poi c’era anche un
antiquario che aveva i più antichi esemplari
di tarocchi esistenti e intendeva riportare quelli odierni
alle immagini del 1400. Un mio vicino andava da uno
di questi guaritori, normalmente chiamati ciarlatani
e anch’io all’epoca non credevo assolutamente
che fosse possibile effettuare guarigioni usando un
semplice coltello, prendendo il fegato e tirandolo fuori,
cambiando un cuore, aprendo il cervello, ecc. Sembrava
qualcosa di ancora più feroce rispetto alle pratiche
dei guaritori delle filippine, eppure ho incominciato
ad assistere, ancora adesso non so perché.
Normalmente le vecchie sciamane femminili subito mi
adottano e infatti Pachita ha cominciato a mostrarmi
quello che faceva quando entrava in trance: diventava
un uomo, aveva mutazioni di personalità, forse
si trattava di schizofrenia ma per me ciò era
irrilevante. Operava le persone. Il miracolo è
che lei otteneva vere e proprie guarigioni e mi sono
reso conto allora che la fede è la panacea, la
migliore medicina. Le persone che credevano guarivano,
anche da malattie gravi, mentre gli altri no e dunque
mi sono detto: qui c’è qualcosa che guarisce,
ma forse non si tratta solo di fede. Io stesso all’epoca
mi sottoposi ad un’operazione molto dolorosa,
mi aprì il fegato, mi tirò fuori tutto
quanto, era spaventoso. Mi chiuse la ferita (sempre
che lo fosse - o magari utilizzò un pollo, francamente
non lo so) e il dolore passò. Sono arrivato alla
conclusione che io non credevo, ma il mio corpo sì.
Attraverso il lavoro che io faccio nei tarocchi, mi
sono reso conto che ci sono quattro lingue e quattro
colori, quattro tipi di carte: coppe, spade, bastoni
e denari e quindi quattro linguaggi. Il linguaggio della
mente, del cuore, sessuale e corporale. Il corpo parla
con il bisogno, il sesso con il desiderio, il cuore
parla con il sentimento e lo spirito parla con dei segni.
Se il linguaggio mentale non accetta il miracolo, il
mio cuore e il mio corpo lo accettano; se si agisce
sul corpo e sul cuore, si agisce realmente. Se io faccio
un taglio sul mio corpo e sento il dolore, il corpo
accetta la metafora ed è la metafora che guarisce.
Ho quindi iniziato a studiare che cos’è
la metafora corporale e come produce sensazioni nel
corpo che fanno in modo che tu possa curarlo. Dopo,
rivedendo i miei studi di psicoanalisi, mi sono accorto
che l’inconscio è un linguaggio, che parla
con frasi e parole e poi ho capito che l’inconscio
vuole atti. È un linguaggio differente, del sogno,
delle immagini. Ho cominciato a studiare tutto questo,
mi sono reso conto che potevo comunicare con l’incoscio
e il primo pensiero è stato che l’inconscio
accetta la metafora. Se io voglio contattare qualcuno,
ma ho solo la fotografia della persona, l’inconscio
accetta la metafora. Positiva o negativa che sia. La
psicomagia lavora con la metafora. In un’azione
non verbale, io comincio a studiare tutti i rituali
della magia primitiva, perché la parola ha un’importanza
capitale. L’atto metaforico conferisce una certa
guarigione, più o meno. Potrei parlare dieci
ore per spiegare questa questione.
Abbiamo avuto delle
esperienze molto simili in Brasile: nel corso degli
ultimi quindici anni ho conosciuto molti di questi guaritori
e oggi ci sono sempre più persone, tra cui Stanislav
Grof e Pierre Weil, che parlano questo linguaggio. Per
me lo stato di trance, inteso come cambiamento dello
stato di coscienza, è un dato fondamentale. Ho
visto persone che entrano in trance per operare i pazienti
e questi non sentono nulla, nessun dolore, se il guaritore
è in trance. Cosa pensate riguardo alla questione
del cambiamento di stato di coscienza?
Tutti questi studi sugli
stati di coscienza sono molto importanti, ma il problema
è che queste tecniche sono applicate a persone
primitive, non agli occidentali che sono passati per
i secoli dell’illuminismo e hanno sviluppato la
razionalità. Ciò che può avvenire
ad un uomo primitivo, un indio brasiliano o gli Huicholes
messicani, non può accadere ad un occidentale,
perché questi è già entrato nello
spirito razionale. Ho visto molti europei assistere
ai cerimoniali dei funghi allucinogeni, li prendono
ed entrano in livelli molto alti di coscienza, ma presto
tutti cominciano a ridere, non superano lo stadio dello
stupore e del riso e questo non serve a niente. Che
un guaritore mi guarisca è bene, ma questo non
mi serve, perché anche se mi porta via un tumore,
non cambia il mio spirito. Si verifica in effetti un
miracolo, ma il lavoro profondo non avviene ed è
solo il sintomo ad essere curato.
Ho studiato molte tradizioni sciamaniche, il Vodoo soprattutto;
ho avuto contatti con persone che lo praticano o che
studiano la possessione nel Vodoo o nell’umbanda
del Brasile. Vado spesso in Messico, in particolare
a Città del Messico dove ci sono sciamani molto
curiosi, che non usano le piante per guarire bensì
oggetti sorprendenti come il telefono portatile. Ne
conoscevo uno che era giocatore di calcio e che guariva
usando il proprio pallone, perché il calcio era
ciò in cui credeva. Altri utilizzano i canarini.
Altri ricevono istruzioni da entità invisibili
che dialogano con loro. Ho studiato tutto questo perché
cercavo di apprendere delle tecniche da poter applicare
al cervello occidentale. È un cammino inverso
rispetto a quello percorso dagli psicoanalisti, i quali
sono scientifici, mentre bisogna riportare la mentalità
razionale a quella sciamanica, bisogna considerare i
valori sciamanici come se questi fossero la vera realtà.
Io faccio il cammino inverso, prendo i valori sciamanici
e li porto nel mondo razionale, credendo che la verità
sia nel mondo razionale. Io introduco delle tecniche
sciamaniche, ma togliendo le superstizioni, togliendo
ogni utilizzo di droghe o di piante, le cose che ti
mettono artificialmete in questo altro livello di coscienza.
Io prendo la persona com’è, razionale,
gli propongo dei modi che possono rompere il suo cerchio
ripetitivo, tutte le ripetizioni della vita quotidiana
e gli faccio fare cose che non farebbe mai, in senso
metaforico. È un cammino diverso, per questo
lo chiamo psicomagia. Io non credo che ci sia un Dio
in me, non credo che ci siano altri livelli di realtà,
non credo che ci sia un paese dove i morti sono vivi.
Preferisco che una persona viva con le proprie parole,
metaforicamente parlando; preferisco che entri nella
sua metafora come altro livello coscienza o che entri
in comunicazione con un Dio metaforico, ma in nessun
modo voglio utilizzare la fede. La fede è qualcosa
che non comprendo, che chiamo superstizione e con la
quale non voglio lavorare.
Il Sé transpersonale,
per esempio quello di cui parla la psicosintesi di Assagioli,
attraverso l’estasi può entrare in un livello
di coscienza dove si trovano tutte le qualità
più elevate dell’uomo e dove può
avere lintuizione per sapere qual è la giusta
azione, la giusta via o la giusta cosa da fare per guarirsi
con la mente estatica. Noi, per tornare al titolo del
nostro convegno, crediamo che l’”eredità
della tribù” consista nel recupero della
mente estatica, che non è solo la mente primitiva
dello sciamano, bensì anche la capacità
di divenire l’altro, passare oltre dei limiti
ed entrare in altri stati della coscienza dove il mondo
si mostra pienamente.
Sono completamente d’accordo.
Penso che ogni essere vivente è in estasi, non
c’è molto da cercare per trovare l’estasi;
penso che tutto sia una scelta e che anche la follia
sia una scelta: ognuno sceglie la sua nevrosi, la sua
malattia, il suo stato di coscienza. Facendo un piccolo
sforzo si può arrivare a qualsiasi livello di
coscienza, perché tutto è qua, è
qualcosa che è dentro di noi. Se c’è
Dio è qua, se non è qua non c’è;
se c’è l’estasi è qua, se
non è qua non c’è e lo stesso vale
per il sé superiore e per il sé inferiore.
Io sono d’accordo con tutto ciò che si
riferisce a un’altra forma di pensiero. Per quanto
mi riguarda, non aspetto che un governo o un’università
mi paghi per fare queste ricerche. Organizzo escursioni
e vado a studiare quello che voglio studiare; non vado
a fare vacanze in una spiaggia di lusso, ma vado incontro
agli ultimi maestri femminili che sono nel mondo, anche
a mille chilometri da Santiago del Cile.
Noi andiamo a vedere tutto ciò, senza però
dire che questa è la verità! Ci sono delle
tecniche che possiamo prendere per noi, per guarirci,
ma non possiamo divenire ciò che abbiamo cessato
di essere: il nostro cervello è evoluto e non
può tornare indietro, mentre c’è
un cammino ancora più grande che dobbiamo fare,
meglio ancora degli sciamani.
Crediamo che, se
c’è una speranza per l’umanità,
possiamo trovarla in questo.
Sì, anch’io
credo questo. È il nostro mondo razionale che
si aprirà a ciò che tu chiami transpersonale
o super-razionale. È questo che è interessante.
Ho letto la vicenda di un villaggio degli Stati Uniti
dove gli orsi hanno invaso la città in cerca
di cibo: io dico non è vero che gli orsi hanno
invaso la città, siamo noi che abbiamo invaso
il terreno degli orsi e loro vengono a prendere quello
che c’è. Noi abbiamo quasi totalmente occupato
il pianeta, sottraendo il terreno agli animali e alle
piante. L’invasione è molto forte, le piante
e gli esseri umani sono in guerra, noi abbiamo fatto
delle piante i nostri nemici. Io penso che le piante
stiano cercando di riprendersi il pianeta e dato che
non si può invadere… hanno invaso il sangue
e stanno cercando di dominarci: la cocaina è
una pianta, l’eroina è una pianta, l’alcol
è una pianta, la marijuana è una pianta;
tutte le droghe, i funghi, il caffè, il tabacco,
lo zucchero, tutto entra nello spirito umano e ci invade.
Le persone credono per esempio che l’hashish sia
una meraviglia, ma dopo un po’ di anni di hashish
si diventa stupidi. Timothy Leary diceva “io non
prendo la marijuana perché mi rende stupido”,
ma la divinità stessa della marijuana è
stupida. Adesso è l’ayahuasca che va di
moda: c’è un’astasi naturale nell’ayahuasca,
è lei che ci darà tutto ciò. Ma
dopo un po’ sarà la pianta che guadagnerà
e renderà conto di te, così come il tabacco
che ci invade. Arriverà invece un momento nel
quale l’essere umano potrà dire di essere
tornato a se stesso.
Un’altra cosa importante: lo sciamano può
agire solo nel luogo dove abita. Non è vero che
lo sciamano può viaggiare, perché prende
il suo potere dal proprio luogo. Se noi vogliamo adottare
tecniche sciamaniche, dobbiamo andare dove abita lo
sciamano. L’uomo razionale non può andare
nella foresta, vive nella città e gli sciamani
delle città non sono quelli delle foreste e la
stessa cosa vale per i loro oggetti di potere. Io sono
nella città e invece di prendere queste piante,
troverò i miei oggetti di potere qui, nel posto
dove io sono. Saranno dei poteri molto diversi: i miei
oggetti di potere sono i miei occhiali o il mio telefono
cellulare. Allora, per esempio, a una persona che ha
problemi con sua madre, io potrei mettere un telefono
da una parte e una donna in un’altra stanza a
parlare in questo telefono e intanto con lo stesso potrei
farle un massaggio, mentre trasmette una voce femminile.
Questo potrebbe essere il mio oggetto sciamanico. Potrei
passarti i miei occhiali, perché attraverso quegli
occhiali io vedo il mondo.
Ricordo un Dio dell’Amazonia
che aveva al collo una chiave.
Sono stato con Don Tonio,
uno sciamano Huichol, che toglieva le malattie soffiando
e poi estraendo una pietra di un bellissimo colore blu
chiaro. Gli abiti di quel gruppo etnico sono coloratissimi
e lui, insieme alle vesti tradizionali, aveva una maglietta
con un disegno di Walt Disney, Topolino, il grande sciamano!
Ho pensato che quell’uomo fosse veramente autentico:
aveva scelto il disegno per il colore e senza dare importanza
a chi rappresentasse, ma nello stesso momento aveva
fatto di questo personaggio del cinema americano un
suo strumento di potere.
Non credete che ci
sia una differenza tra le droghe usate in modo profano
e le piante di potere usate in modo sacro?
La mia idea è
questa: quando si fa un rituale con utilizzo di sostanze
psicogene, questo lo si fa all’interno di una
tribù e tutte le persone che appartengono alla
tribù sono unite, per un ideale comune, per una
vita comune e lo sciamano appartiene a loro, è
come una loro proiezione. Ma se io non appartengo a
questa tribù, lo sciamano è nefasto per
me, non può essere la mia guida. Se qualcuno
qui mi fa un rituale adesso, la persona che mi fa questo
rituale chi è per me? Chi è per iniziarmi?
Non mi può iniziare, perché non è
stata gettata la mia essenza in questa tribù
comune.
Negli anni settanta, quando ho fatto ‘La Montagna
Sacra’, dovendo rappresentare il ruolo del guru
nel film sono andato a cercare un guru che era molto
famoso e alla moda negli Stati Uniti: Oscar, a New York.
L’ho praticamente affittato: gli ho dato 17.000
dollari perché lui mi iniziasse, perché
mi insegnasse cosa voleva dire essere un guru. Pensavo
che mi avrebbe insegnato delle tecniche, invece lui
mi ha fatto bere dell’LSD sciolto nel succo d’arancia,
poi mi ha fatto fumare una sigaretta di marijuana e
lì è incominciata la visione, ma la cosa
costituì un immenso lutto per me, per quello
che ho passato. Il guru che ha creato tutto questo aveva
un ego enorme e l’ha utilizzato per farsi pubblicità,
perché il mio film facesse pubblicità
a lui e al suo gruppo, perché lui era convinto
di essere l’incarnazione di Cristo, Lao Tze, Buddha.
Mi cantò dei matra, ecc., ma fondamentalmente
mi ha instupidito e fregato. È stato terribile.
Dopo quella volta ho fatto maggiore attenzione e sono
andato a cercare un altro guru, che faceva iniezioni
di chetamina a quattrocento persone e suonava la musica
di Wagner. Mi limitai ad osservare e vidi tutti entrare
nel delirio infinito dell’inferno di Wagner.
Quando una persona si propone come un guru iniziatore
attraverso dei riti, senza avere dentro di sé
l’essenza del cammino di molte generazioni; questa
persona sta esercitando un potere enorme, può
essere pericoloso per gli altri e può commettere
degli errori gravi e io ho visto alcuni risultati di
questi errori.
Il più grande insegnamento di tutto questo è
semplice: gli sciamani e l’estasi, gli sciamani
e la guarigione.. è semplice, io sono mortale,
questo è il segreto. Allora io accetto di morire
e accetto che questo corpo sia divorato, che questo
essere che parla non è niente e sparirà;
io accetto l’annullamento totale, senza alcuna
speranza, senza aldilà, senza tremila incarnazioni:
tutto questo non esiste, e se esiste ci sarà
e se non esiste non ci sarà. Bisogna lasciare
tutte le speranze possibili e accettare la morte. Se
accetta di morire, lo sciamano è vicino alla
conoscenza. È la paura che ci fa andare invece
in cerca di tutto questo, la paura della dissoluzione:
le altre dimensioni, parlare con i morti, le altre vite,
se ci sono ci saranno, altrimenti no e non ha senso
contarci.
Tutte queste sono
credenze, ma qual è il posto della spiritualità
in questo?
Noi lottiamo generalmente
contro la società, che ha seguito un cammino
autodistruttivo. Quando viene da me una persona per
guarire, cerco di farle capire che la malattia non esiste
in quanto la persona stessa non esiste: si guarisce
quando ci si rende conto di non essere niente! Lo so,
è una verità assurda. Più si è
malati, più si crede di ‘essere’;
se vuoi guarire, ti devi invece rendere conto che non
sei! Si è guariti, dunque non sì è
nulla. Questa è una buona lezione. Un’altra
cosa: la realtà è ciò che si pensa,
è qualcosa che si muove come una massa di zucchero:
se io penso che sia verticale diventa verticale, se
penso che sia orizzontale diventa orizzontale. Non voglio
che tu pensi che io sia nichilista e negativo, sono
invece molto ottimista, ma quando si arriva alla conclusione
che non si è niente, si apprezza tutto, è
un piacere folle, questa è l’estasi! Tutto
è una gioia, una meraviglia, ogni incontro è
prezioso, tutto diviene un potere incredibile. Anche
ogni ferita che si riceve è bella, ogni sconfitta,
ogni ostacolo che induce un cambiamento d’azione,
mentre ogni trionfo assume in definitiva un significato
comico.
Ho fatto cinque anni di pratica zen con un maestro in
Messico ed è stato veramente molto duro: pura
meditazione e niente altro, senza statuette e dettagli
di contorno in stile orientale. Ecco, là ho trovato
delle cose molto interessanti.
Penso agli Indiani
d’America che dicono “siamo tutti fratelli”.
Credo che in questo ci sia una saggezza molto profonda,
che deriva da una mentalità estatica tutt’altro
che primitiva, capace di riconoscere l’unità
di tutti gli esseri.
Sì è vero,
siamo tutti fratelli, ma bisogna aggiungere che siamo
diventati tutti nemici a causa di una civilizzazione
che ci ha portato inesorabilmente all’inimicizia.
Quello che bisogna fare è guarire questi fratelli,
non possiamo dire ‘siamo tutti fratelli’,
sono un amico, quando nello stesso tempo li sto uccidendo.
Tu vai con una buona intenzione in Brasile, ti introduci
in questi popoli, apprendi la meraviglia che essi sono
e questo è buono. Ma nello stesso tempo gli altri
stanno distruggendo le foreste e tutto il resto e tu
stesso contribuisci a questa distruzione, perché
porti questa cultura in Europa, gli dai un’importanza,
inserisci questi popoli in circuiti turistici e il loro
mistero viene rotto. Perché loro esistono nel
mistero, vi sono nati ed esso gli appartiene; se noi
andiamo a prendere questo tesoro e lo mostriamo, arriva
il turismo e tutto finisce. Per esempio gli Huicholes,
quando Don Tonio mi ha chiesto di portarlo in Francia
per poter comprare un grosso camion e tutti i membri
della tribù si sono messi a lavorare e così
si sono resi conto dell’esistenza dei dollari:
ecco arrivare la fine per gli Huicholes. Siamo ben intenzionati,
eppure li utilizziamo ed ecco che nell’arco di
due, tre anni tutto è finito, proprio perché
andiamo a privarli del loro mistero.
Quando ero con Takata, il maestro zen, meditai per cinque
giorni di fila, dormendo solo una ventina di minuti
al giorno; mentre ero lì immobile e come morto,
lui arriva e mi pone un koan (domanda zen): “non
comincia, non finisce: che cos’è?”.
Gli risposi: “Io, Dio, L’Unità Primaria…
perché mi hai fatto questa domanda? Credi che
io sia così stupido per domandarmi una cosa del
genere…?” e cominciai ad arrabbiarmi. Allora
lui ha suonato il gong, il che significava che non avevo
dato la giusta risposta, e mi ha detto: “Intellettuale!
Impara a morire!”. È stata la prima grande
lezione della mia vita, aveva toccato il punto dove
io fallivo: non volevo morire. Ecco il mistero dei misteri:
l’intelletto doveva imparare a morire. Mi fece
anche vedere l’ideogramma della ‘Felicità’,
dicendo: “questa è l’essenza”.
Felicità: siamo in uno stato di felicità
totale, nella permanente impermanenza. Se si accetta
l’impermanenza di se stessi, si raggiunge il Grande
Sé. Quando accetti questo, accetti che io, tu,
lui, tutti siamo fratelli, siamo parte di un’unica
cosa, come una collana; siamo tutti nell’impermanenza
e quindi tutto cambia con noi, in senso concreto e metafisico,
perciò non ci resta che aiutarci e allearci a
tutto ciò.
Qual è il
posto della morale in tutto questo? C’è
una morale universale?
Io penso che per guarire
sia necessario non avere morale, occorra essere amorali.
La morale è la malattia: tutte le malattie sono
malattie della morale. La morale è religiosa,
ma la religione adesso è superata. Voglio dire
questa cosa: i più grandi ‘cretini metafisici’
di oggi sono il Dalai Lama e il Papa. Il Dalai Lama
è un povero bambino torturato che dice di essersi
reincarnato, ma io non credo alla reincarnazione in
questo modo. E il Papa dice di essere infallibile; ebbene,
non è vero. Questa non è la religione!
Questi due personaggi danno delle indicazioni spaventose,
come ad esempio di non usare il preservativo o non interrompere
una gravidanza quando necessario, nonostante il problema
mondiale della salute e della sovrapopolazione. È
una morale superata. In ogni modo, in questa società
assolutamente amorale e ipocrita, dove ogni guerra è
un’ipocrisia, la patria non esiste più
e le guerre patriottiche sono un’ipocrisia, quale
morale collettiva conserva un significato? L’unica
possibilità che ci resta è di scoprire
dentro noi stessi la sorgente dell’essere umano
e creare una morale individuale. Io sono agito da una
morale, mi sono creato una morale. Sono trent’anni
che tengo ogni settimana delle conferenze gratuite con
i tarocchi e cerco con questo di aiutare il mondo: se
il mondo mi dà, io cerco di non essere un parassita
e di donare. Io sono assolutamente solidale con la mia
famiglia, non sono un padre assente, se accetto la paternità
allora la esecito con la mia presenza responsabile.
Questo è morale: destinare me stesso ai miei
figli e dargli l’opportunità di essere
come essi sono e non come io voglio che essi siano.
Un’altra morale è non rubare mai, perché
se io rubo lo faccio a me stesso. Ancora: finire sempre
ciò che si è cominciato. Potrei parlare
un giorno della morale che io mi sono costruito. Me
la sono costruita per sentirmi bene io stesso, per vivere
meglio, per arrivare all’estasi quotidiana, al
miracolo quotidiano.
C’è
un altro tema: onorare la propria natura
Sì, ma non in
modo narcisistico. Io sono una creazione della natura,
come l’albero, il gatto, come ogni cosa. Una creazione
misteriosa, anche se dovuta al caso, un caso meraviglioso.
Quindi devo onorare me stesso, così come faccio
con te e col cibo che mangio, senza narcisismo, come
accettazione di questo miracolo infinito. Io sono un
punto di coscienza che si rende conto dell’illusione
del proprio sogno.
È interessante parlare di tutto ciò, è
una gioia, questa è l’estasi! Però,
dato che il pensiero è infinito, per ogni problema
ci sono infinite soluzioni. Perciò, quello che
dico è che con la mente non si arriva a niente,
ma l’abbondanza di pensiero resta comunque un
bene: più si pensa, meglio è, per una
questione di abbondanza. Allora io penso molto, forse
mi contraddico e allora? Io sono enorme e contengo la
moltitudine. Può essere che ora dica qualcosa
e che più tardi la stessa cosa io non la senta
allo stesso modo. Per esempio, io gioco un po’
il ruolo di colui che non crede, ma solo perché
tu credi molto e questo produce una dialettica creativa.
Noi cerchiamo di aiutare le persone a ritrovare se stesse
e durante questo percorso ecco che scoprono qualcosa
ed escono dalla tristezza della vita quotidiana, intesa
come una cassa, una prigione soffocante. Perché
l’infinito non è nel mentale, l’eternità
non è nel cuore e senza di essi la vita si fa
soffocante e questo conduce all’autodistruzione.
Quando si entra nell’infinito, nell’eternità,
tutto diviene invece una festa e si vive la vita come
una mosca nell’aria, vecchie mosche che danzano
e si divertono. Mentre parlo di tutto ciò, in
questo momento, vedo fuori dalla finestra una gru con
dentro un uomo che sta lì otto ore al giorno
a spostare su e giù materiali per la costruzione.
Il lavoro di quell’operaio è starsene tutto
solo dentro una cassa otto ore al giorno, mese dopo
mese, a soffrire nella solitudine più totale.
Ebbene? Lui è là triste e prigioniero,
ma meno male che io sono qui in questo momento, perché
se entro in contatto con quella scatola di tristezza
io divento la sua gioia, la sua possibilità di
liberazione, altrimenti in quella cassa sarebbe un’inferno.
Se la nostra coscienza non ci fosse, il mondo sarebbe
un oscuro luogo di guerra. Il mondo è terribile,
ma noi ci siamo, siamo il sale della terra, la coscienza.
Finché ci sarà coscienza in noi, il mondo
resterà ancora vivo. Noi siamo i testimoni, portiamo
la luce con noi, come L’Eremita dei tarocchi.
Noi portiamo la gioia di vivere, siamo la gioia del
mondo, non siamo frivoli e superficiali, lavoriamo per
gli altri. La gioia che io ho di parlare con te è
per quell’uomo laggiù, affinché
resista meglio alla propria prigionia proprio grazie
alla nostra esistenza.
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