Ecovillaggi: dall’infanzia al futuro
Di Davide Carlo Ferraris e Silvia Vitale
n° 20 - 2009
Fai della tua vita un’opera
d’arte!
Di ecovillaggi ne parliamo
tra noi già da molto tempo, riuniti come un gruppo
carbonaro nelle uggiose serate di molti anni fa, con
Pier Luigi, Antonio e i due Davide a riversare idee
e sogni in appunti credibili o completamente deliranti.
Realizzare un ecovillaggio non era una priorità
né una possibilità concreta, a quei tempi,
eppure lo scenario aleggiava nelle nostre menti febbrili
e tentava i cuori appassionati. Nel frattempo a Varese
Ligure è cresciuta Monte Carmel, che non è
un ecovillaggio ma potrebbe sempre diventarlo e intorno
a noi la situazione si è anch’essa evoluta,
all’estero e incredibilmente anche in Italia.
Le principali realtà esistenti sono sopravvissute
e hanno prosperato, come Damanhur in Piemonte, e molti
piccoli nuovi insediamenti stanno sorgendo come un’alba
su un mondo nuovo, per quanto spesso non si tratti di
veri e propri ecovillaggi quanto piuttosto di strutture
agrituristiche, gestite in comune da gruppi di 20-30
persone al massimo.
In cosa consiste allora un ecovillaggio? La definizione
data da Wikipedia è “un tipo di comunità
basata esplicitamente sulla sostenibilità ambientale.
I principi di questo tipo di comunità, secondo
David Holmgren (che ne è uno dei maggiori teorici),
sono i seguenti: adesione volontaria dei partecipanti
e condivisione dei principi fondanti; nuclei abitativi
progettati per ridurre al minimo l'impatto ambientale;
uso di energie rinnovabili; autosufficienza alimentare
basata su permacultura o altre forme di agricoltura
biologica. Le realtà degli ecovillaggi intendono
dar vita a nuove forme di convivenza, tali da rispondere
all’attuale disgregazione del tessuto familiare,
culturale e sociale della condizione postmoderna e globalizzata.
L’ecovillaggio costituisce un laboratorio di ricerca
e sperimentazione verso stili di vita alternativi all’attuale
modello socio-economico”.
Il RIVE (Rete Italiana Villaggi Ecologici) dà
ancora questa definizione di ecovillaggio: "un
laboratorio umano di ricerca e sperimentazione i cui
membri pensano e dimostrano che un mondo diverso è
possibile da subito". A differenza della «comunità»,
di dimensioni più ridotte, l’ecovillaggio
tende al massimo dell’autosufficienza, in modo
da soddisfare il più possibile al suo interno
ogni esigenza dei suoi membri (lavoro, svago, espressione
di sé, educazione, bisogni affettivi…).
In questo senso, l’ecovillaggio si presta a costituirsi
come un modello sostenibile, sul piano economico, sociale
ed ecologico (uso di energie rinnovabili e tecnologie
appropriate, difesa dell'ambiente e dell'economia locale...).
Anarcopedia (http://ita.anarchopedia.org) da’
anch’essa una breve ma eloquente illustrazione
di cosa sia un ecovillaggio: “Gli ecovillaggi
sono delle comunità intenzionali progettate per
essere economicamente, socialmente ed ecologicamente
sostenibili. Di solito mirano ad avere una popolazione
di 50-100 persone perché questa è la dimensione
normale della rete sociale di un individuo, secondo
alcuni studi [Hill & Dunbar, 2002]. Anche agglomerati
più grandi, fino a 2000 persone, sono occasionalmente
descritti come ecovillaggi. I membri dell'ecovillaggio
sono uniti da valori ecologici, sociali o spirituali
condivisi (vedi comunità intenzionale). Un ecovillaggio
è spesso composto da persone che hanno scelto
un’alternativa a sistemi centralizzati di distribuzione
dell'energia o dell'acqua. Molti vedono il dissolvimento
delle forme tradizionali di comunità, gli stili
di vita consumistici, la distruzione degli habitat naturali,
l'allargamento delle zone urbane, l'agricoltura meccanizzata
e la dipendenza eccessiva dai combustibili fossili,
come degli andamenti che devono essere cambiati per
allontanare il disastro ecologico. Propongono quindi
come alternativa comunità di piccola scala con
impatto ecologico minimo. Talvolta, comunque, queste
comunità cooperano con villaggi organizzandosi
in reti (vedi Global Ecovillage Network). Questo modello
d’azione collettiva è simile a quello di
Ten Thousand Villages, che appoggia il commercio equo
dei prodotti nel mondo”.
Riportiamo anche due testi tra i moltissimi interessanti
sull’argomento, come spunto iniziale di approfondimento:
Diana Leafe Christian, ‘Creating a Life Together:
Practical Tools to Grow Ecovillages and Intentional
Communities’. New Society Publishers, 2003. Manuel
Olivares. ‘Comuni, Comunità, Ecovillaggi.
In Italia, in Europa, nel mondo’. Edizioni AAM
Terra Nuova e Malatempora, 2007.
“Il bello e’ la’ dove si vede
il lavoro della mente, dell’animo e delle mani,
dove i sensi si muovono, dove si avvertono dei riferimenti
profondi” (Giovanna Franco-Repellini)
La vita ha un potenziale
immenso, sta ad ognuno di noi renderla un atto creativo.
Tutto, anche il minimo gesto quotidiano, ha la potenzialità
di un’opera d’arte: è l’intento
che fa la differenza.
Cercare il bello dentro di noi e dargli corpo è
la vera sfida del ventunesimo secolo. Il bello sta diventando
sempre di più una rarità, in città
il grigio predomina la nostra vista e cattivi odori
stimolano di continuo il nostro senso più primordiale:
l’olfatto. Vedere il bello stimola le menti, quindi
è pericoloso e forse qualcuno ha pensato bene
di riempire le nostre città di brutture, che
inducono l’individuo a pensare che il brutto sia
la normalità: “sei nato per soffrire, amico
mio, arrenditi perché il mondo va così
e non si può cambiare, ma se sopporti senza far
rumore vedrai che ti attende un futuro meraviglioso”.
Pian piano ci hanno rinchiuso in appartamenti sempre
più anonimi, dove dovremmo costruire il nostro
tempio di felicità, crescere i nostri figli e
condividere i nostri spazi con amici e parenti.
Amici che vedi sempre più di rado, perché
spesso abitano dall’altra parte della città
e il tempo è sempre poco. Tutto questo e tanto
altro chiude le nostre vite e le rende aride di conoscenza,
che esiste solo se condivisa.
Un detto del Corano dice: ”ciò che trattieni
muore, ciò che doni è eterno”. La
bellezza e la condivisione sono un corpo unico, cercare
il bello fine a se stesso è solo un gioco dell’intelletto
che non porta ad un salto evolutivo. Per questo immaginiamo
un nuovo modo di vivere e condividere: l’ecovillaggio
è un’ottima risposta alle esigenze di esseri
umani nati per esprimere il massimo potenziale.
Ecco l’ecovillaggio che vorremmo: una collina
verde protetta da montagne, piccole case colorate e
morbide con tetti alla Gaudì, ampie sale comuni
dove mangiare, pregare, ballare, creare e giocare. Figli
che crescono assieme ad altri bambini, che giocano tutto
il giorno in piena libertà, mentre gli adulti
cooperano per la crescita dei propri cuccioli (il futuro
dipende da loro). Un amico si occupa dell’agricoltura,
un altro della cucina, del resto i ruoli sono destinati
a cambiare, nessuna figura è fissa: benvenuta
impermanenza!
Vediamo donne e uomini durante il rito della raccolta,
sentiamo le nostre canzoni, il profumo della natura,
il bello pervade la nostra essenza e siamo felici perché
qui possiamo essere noi stessi. Vediamo anziani passeggiare
nel bosco circostante e parlare fra loro, per poi giocare
con i più piccoli e raccontar loro storie di
vita. Vediamo giovani adolescenti vivere insieme poco
distanti dagli adulti, autogestiscono il proprio luogo
e creano la loro realtà.
Alcuni di voi osserveranno che questa è pura
utopia: dove li mettiamo i conflitti che di certo appariranno?
La cosa importante è sapere che ci saranno, che
è normale e fa parte del gioco: per questo motivo
ci saranno figure nell’ambito del villaggio a
cui chiedere aiuto.
Questa è la realtà che vorremmo creare,
quindi se è vero quello che Albert Einstein disse:
“l’immaginazione è tutto; è
l’anteprima delle attrazioni che la vita ci riserva”,
possiamo ritenere di essere già ad un buon punto!
Basta crederci veramente e fare il possibile affinché
ciò si realizzi.
L’ecovillaggio è l’opportunità
più concreta per darci la possibilità
di sperimentare il nostro io al di là di noi
stessi, di essere altro rispetto a quello che sappiamo
di noi stessi, liberi di Essere, perché in un
ecovillaggio essere disposti al cambiamento è
la parola d’ordine.
Noi vogliamo una vita così
e tu?
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